Le cause: come monta l’odio contro i Medici
La congiura dei Pazzi: un singolo evento che cambia le carte in tavola dello scenario geopolitico dell’Italia di fine Quattrocento. Non solo è un attacco al potere nei confronti dei Medici che piano piano si stanno impossessando del governo della città di Firenze. È un attacco che coinvolge i grandi Stati territoriali dell’Italia del tempo tanto che la penisola scivola in un conflitto che dura per anni.
L’allume di Volterra
Una città con un prospero commercio come Firenze non può fare a meno dell’allume, un prodotto necessario alla tintura delle stoffe. Proprio a causa di questo materiale iniziano i primi attriti tra Firenze, il papato e la famiglia Pazzi. Nel territorio volterrano vengono scoperti alcuni di questi giacimenti ed è qui che hanno inizio le contese. La vicina città di Volterra, soggetta a un capitano fiorentino, si ritiene indipendente da Firenze. Nel 1472, a seguito dei tumulti che scoppiano contro l’occupazione fiorentina, Lorenzo de’ Medici assolda il condottiere Federico da Montefeltro per muovere contro la città. A seguito dell’assedio, le truppe mettono in atto un violento saccheggio.
Imola
Appartenente alla “Romagna toscana”, l’area è di strategica importanza militare per Firenze. Le mire espansionistiche sulla città coinvolgono le grandi potenze della Milano sforzesca e del papato di Sisto IV. Inizialmente nelle mani di Firenze, Imola passa prima a Galeazzo Maria Sforza, poi al nipote del papa Girolamo Riario. Quest’ultimo è il vero artefice della congiura. Egli non agisce in prima persona ma pianifica a debita distanza. Improvvisamente i piani cambiano per Imola: lo Sforza vuole vendere la città. Scende a patti con il pontefice e si accorda su una somma che deve essere anticipata dai Medici. Ma l’importanza che per quest’ultimi riveste tale città è forte e il denaro non viene anticipato. Grazie alla mediazione del futuro arcivescovo di Pisa, Francesco Salviati, Sisto IV ottiene parte della somma destinata allo Sforza, permettendo al Riario di impossessarsi di Imola. In tal modo, contrasta con ogni piano espansionistico di Firenze.
I torbidi di Città di Castello
In Umbria avvengono i contrasti più diretti tra i Medici e il papato. Città di Castello è nelle mani del condottiere Niccolò Vitelli. Questi deve affrontare Giuliano della Rovere, inviato da Sisto IV il quale spera ancora in un supporto armato da Firenze in seguito negatogli dallo stesso Lorenzo. L’ennesimo tentativo di avvicinamento con i Medici fallisce nuovamente a causa del rifiuto del Magnifico di imparentarsi con i della Rovere, in quanto avrebbe dovuto concedere in sposa al cardinal Giuliano la figlia Lucrezia.
Le ricadute degli eventi concernenti Città di Castello hanno ripercussioni anche a livello diplomatico. L’allora conte Federico da Montefeltro che ha tanto aiutato i Medici nella conquista di Volterra, concede in sposa a Giovanni della Rovere una delle sue figlie. In cambio il Montefeltro assurge a duca d’Urbino.
Ormai è il pontefice ad essere il vero signore d’Italia in quanto è riuscito a radunare sotto di sé le più illustri casate e a dirigere i suoi interessi contro la Firenze dei Medici.
Gli attentati
A seguito di questi eventi si forma così la cerchia dei congiurati. Nonostante Gugliemo de’ Pazzi sia sposato con Bianca de’ Medici sorella di Lorenzo il Magnifico, suo fratello Francesco nonché Jacopo e Renato de’ Pazzi sono alcuni degli ideatori dei fatti di sangue. Alla loro causa si unisce la famiglia Salviati. Infine ritroviamo Bernardo Bandini de’ Baroncelli, Jacopo Bracciolini (figlio dell’umanista Poggio Bracciolini), Antonio Maffei da Volterra (che non aveva dimenticato il saccheggio perpetrato alla sua città nel 1472) e il prete Stefano da Bagnone. L’unico uomo d’arme che viene assoldato, Giovanni Battista conte di Montesecco, si ritira all’ultimo non volendo agire in un luogo di culto.
Le Cantate
Il 19 aprile 1478, durante il periodo pasquale noto come le Cantate, Raffaele Sansoni Riario, nipote del pontefice, si reca a un ricevimento dai Medici nella loro villa di Fiesole. I congiurati convengono di agire ma non attuano il piano in quanto Giuliano non è presente.
Le Rogate
Una settimana dopo, durante il periodo pasquale delle Rogate, il 26 aprile il nipote del papa visita il palazzo Medici di Via Larga. I Pazzi decidono di agire nuovamente ma Giuliano, ancora una volta, non si presenta. Viene deciso di attentare alla vita dei due fratelli nella cattedrale di Santa Maria del Fiore durante la messa di Pasqua. Questa decisione presa sul momento in maniera affrettata, unita all’inesperienza in fatti d’armi dei congiurati, sono causa del fallimento dell’impresa.

Il coro della cattedrale di Firenze, dove si consumò l’assassinio (da Wikimedia Commons)
I fatti di sangue
Alla messa è presente anche Giuliano de’ Medici, il quale soffre di ernia inguinale (ecco il motivo delle sue precedenti indisposizioni). Per questo motivo viene accompagnato da Francesco de’ Pazzi e dal Baroncelli che, ridendo e scherzando con lui fino alla cattedrale, lo sostengono tastandogli gli abiti per sentire se porta una cotta d’arme per proteggersi. Il termine della messa è il segnale di attacco: il Pazzi e il Baroncelli pugnalano a morte Giuliano. Allo stesso tempo Lorenzo viene attaccato dal Maffei e da Stefano da Bagnone, incaricati di sostituire il Montesecco. Durante la concitazione, il Magnifico riesce però a difendersi e a rifugiarsi nella sacrestia.
La repressione
Nel mentre che in cattedrale si consuma l’assassinio, Francesco Salviati e il suo seguito entrano nel palazzo della Signoria per prendere il potere. Qui, però, il gonfaloniere Cesare Petrucci riesce ad arrestarli e una volta catturato anche Francesco de’ Pazzi, i congiurati presenti nel palazzo vengono impiccati dalle finestre. Jacopo de’ Pazzi con un’azione congiunta deve aiutare il Salviati ma il piano fallisce: attaccato dagli armati del palazzo, riesce a fuggire. Il giorno dopo viene catturato e impiccato dalle stesse finestre dove Francesco aveva esalato il suo ultimo respiro.
Gli altri congiurati
La vendetta che segue nei confronti dei congiurati sfocia in una vera e propria damnatio memoriae. Lo stesso Sandro Botticelli viene incaricato di raffigurare i congiurati impiccati in quella che è nota come “pittura infamante”. I due congiurati Antonio Maffei da Volterra e Stefano da Bagnone si rifugiano nel monastero cittadino della Badia fiorentina. Qui la folla inferocita li cattura, li mutila e li impicca. Giovanni Battista conte di Montesecco, nonostante il suo ritiro all’ultimo minuto ma pur sempre colpevole, viene catturato e decapitato davanti al palazzo del Bargello.
Da Istanbul a Firenze
Dileguatosi e trovato rifugio a Napoli, Bernardo Bandini de’ Baroncelli riesce a imbarcarsi per l’Oriente. A distanza di un anno Lorenzo il Magnifico non ha dimenticato l’onta subita. Il Medici tratta con il sultano Mehmet II per la cattura del Baroncelli che, una volta scoperto, viene tradotto a Firenze. Qui, nel cortile del palazzo del Bargello, viene impiccato il 29 dicembre 1479. Tra la folla che assiste all’esecuzione, un giovane Leonardo da Vinci immortala il suo cadavere riportando come gli abiti del Baroncelli siano “alla turca”.

Una medaglia raffigurante la “Salus publica” Lorenzo de’ Medici (da Wikimedia Commons)
L’ultimo congiurato
Tra 1478 e 1479 una serie di dinamiche innescano un vero e proprio conflitto tra le varie potenze italiane: scoppia la cosiddetta “guerra dei Pazzi”. Papa Sisto IV, appresa la notizia dell’uccisione dell’arcivescovo Salviati, scaglia l’interdetto su Firenze e scomunica Lorenzo de’ Medici. Solo nel 1481 il pontefice sigla la pace. Nove anni più tardi, il 14 aprile 1488, la vendetta del Magnifico si chiude con l’assassinio di Girolamo Riario a Forlì. Una vicenda, quella della congiura dei Pazzi, che è caratterizzata dal fenomeno della circolarità: il primo vero e proprio ideatore della congiura, intorno a cui tutto ebbe inizio, è anche l’ultimo a spirare.