Nascita della Repubblica Popolare di Polonia
Durante la Seconda guerra mondiale il leader sovietico Stalin firmò la “Dichiarazione sull’Europa Liberata” che riconosceva a ogni popolo il diritto di scegliere il proprio governo con libere elezioni. In realtà, egli impose agli Stati dell’Europa Orientale dei regimi simili a quello del proprio paese. In Polonia i comunisti assunsero il potere nel 1947 a seguito di elezioni caratterizzate da brogli e arresti. Tra il 1947 e il 1989, anche se esistevano formalmente altri partiti politici, il Partito Operaio Unificato Polacco (Polska Zjednoczona Partia Robotnicza, PZPR) aveva il controllo pressoché completo della società.
Inizialmente i comunisti promisero agli operai la gestione diretta delle fabbriche in cui lavoravano. Gli stabilimenti invece furono sempre gestiti dai funzionari che sceglieva il PZPR. Inoltre, le autorità dichiararono illegali tutte le organizzazioni sindacali non appartenenti all’Associazione dei Sindacati.
Negli anni tra il 1947 e il 1956 la Polonia fu governata in maniera particolarmente autoritaria. In questo periodo migliaia di persone vennero arrestate ingiustamente e furono proclamate 5.000 condanne a morte. I servizi di sicurezza controllati dal PZPR avevano inoltre accesso a dossier su circa un terzo della popolazione polacca adulta.
Una cronica instabilità

Manifestanti trasportano in corteo il corpo di un ragazzo ucciso dalla polizia polacca nel 1970 (da Wikimedia Commons)
Secondo il governo una migliore pianificazione dell’economia avrebbe portato la tanto sperata stabilità sociale. Nonostante ciò, la sua cattiva gestione fece sì che il paese fosse periodicamente attraversato da momenti di tensione. I conseguenti grandi scioperi del 1956, del 1970 e del 1971 furono repressi con l’intervento dell’esercito che sparò sui manifestanti.
Dopo gravi scontri tra gli scioperanti e la polizia avvenuti a Stettino nel 1971, il nuovo governo dell’ex minatore Edward Gierek promise maggior benessere e libere elezioni dei rappresentanti sindacali. Gli anni seguenti furono in effetti caratterizzati da un migliore tenore di vita. In quel periodo la Polonia sviluppò la propria economia grazie a prestiti ottenuti dall’estero. La malgestione dei fondi ottenuti da parte del governo però portò presto a una nuova crisi.
Le autorità aumentarono il prezzo dei generi alimentari e gli operai protestarono fortemente contro tale decisione. Poiché le forze di polizia avevano arrestato molti manifestanti, alcuni intellettuali nel 1976 formarono un’associazione per difenderli. Quest’associazione era il Comitato di Difesa degli Operai (Komitet Obrony Robotników, KOR) che, oltre a fornire loro assistenza legale, iniziò a pubblicare un giornale per gli operai, il Robotnik (Il Lavoratore). Gli operai, nel frattempo, iniziarono a reclamare dei sindacati indipendenti dal governo che rappresentassero i loro interessi.
La ribellione degli operai

I cantieri navali di Danzica durante lo sciopero del 1980 (da Wikimedia Commons)
Il 14 agosto del 1980 i lavoratori dei cantieri navali della città di Danzica proclamarono uno sciopero per protestare contro l’aumento del prezzo della carne e l’ingiusto licenziamento di Anna Walentynowicz, una collega attiva nel sindacato libero. Gli operai elessero democraticamente i rappresentanti che avrebbero trattato con le autorità. Presto furono imitati dai dipendenti di altre ditte della città. Per frenare la diffusione delle proteste la direzione accettò di aumentare i salari, ma gli operai continuarono a scioperare in solidarietà con i colleghi che non avevano ancora ricevuto gli aumenti.
I lavoratori delle diverse aziende di Danzica elessero un Comitato Interaziendale di Sciopero (Międzyzakładowy Komitet Strajkowy, MKS) per trattare in maniera unita con la direzione. Alla guida del comitato fu eletto Lech Wałęsa, un elettricista di 37 anni. Il Comitato inoltre stilò una lista di 21 rivendicazioni che i lavoratori rivolgevano al governo: essi sarebbero tornati a lavorare solo se le autorità avessero accettato tutte le loro richieste. Tra le più importanti vi erano la liberazione dei prigionieri politici, la garanzia del diritto di sciopero, del diritto alla libertà d’espressione e di stampa e del diritto alla formazione di sindacati indipendenti.
Nonostante le numerose minacce subite, i lavoratori continuarono a scioperare. La situazione economica era ormai talmente critica che il governo fu costretto a cedere. Il 31 agosto 1980 firmò un accordo in cui accettava tutte le 21 richieste del Comitato Interaziendale di Sciopero.
La nascita di Solidarność
Con gli accordi di agosto i lavoratori avevano ottenuto la facoltà di formare dei sindacati liberi. Il 17 settembre 1980, con il congresso di Danzica, venne fondato il Sindacato Indipendente Autogestito “Solidarność” (Solidarietà). Il congresso, inoltre, elesse come presidente Lech Wałęsa che si era distinto per la sua fermezza durante gli scioperi. Solidarność ebbe talmente successo da raggiungere i 10 milioni di iscritti già nel primo anno di attività. Di conseguenza, i sindacati governativi e il PZPR entrarono in crisi e persero molti iscritti. L’Associazione dei Sindacati fu sciolta e il leader dei comunisti Edward Gierek fu costretto a dimettersi.
La reazione del governo: la legge marziale

Il generale Wojciech Jaruzelski legge il comunicato con cui instaura la legge marziale il 13 dicembre 1981 (da Wikimedia Commons)
Il governo però non era disposto ad accettare l’autonomia dei lavoratori né il progetto democratico del sindacato libero. Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1981 il nuovo primo ministro, il generale Wojciech Jaruzelski, proclamò la legge marziale. Solidarność fu messo fuori legge e 6.000 iscritti, tra cui Lech Wałęsa, furono incarcerati.
La Polonia venne ora governata da una giunta militare con a capo lo stesso Jaruzeski. L’esercito fu inviato a pattugliare le strade cittadine e ogni protesta fu violentemente repressa dai reparti antisommossa della polizia.
Il ritorno degli scioperi, il ritorno di Solidarność
La legge marziale durò fino all’estate del 1983 e i prigionieri politici furono scarcerati nel 1986. Il governo era convinto a questo punto di aver ristabilito l’ordine sociale. Solo due anni più tardi, però, un nuovo aumento dei prezzi scatenò grandi scioperi in tutta la Polonia. I lavoratori polacchi, che ricordavano l’esperienza di otto anni prima, iniziarono a chiedere aumenti salariali e la legalizzazione di Solidarność.
Ad aprile scioperarono i dipendenti del trasporto pubblico della città di Bydgoszcz, subito seguiti da quelli delle acciaierie “Lenin” di Cracovia. Ad essi si unirono i lavoratori di Stalowa Wola che proclamarono uno sciopero di solidarietà. Un ulteriore sciopero si tenne nell’acciaieria di Bochnia. Gli scioperi ripresero poi in agosto dalle miniere di carbone della Slesia per poi diffondersi a Stalowa Wola e presso i cantieri navali delle città di Stettino e Danzica. Gli operai sostenuti dai vecchi sindacalisti di Solidarność e dalla Chiesa cattolica costrinsero infine il governo a cedere e ad aprire a nuove trattative.
A differenza degli anni precedenti, questa volta l’Unione Sovietica non minacciò alcun intervento. Infatti, il segretario del Partito Comunista sovietico Michail Gorbačëv, che voleva riformare le istituzioni dell’Europa Orientale in senso più democratico, non riteneva più adeguato intervenire a favore di un governo polacco autoritario. Wałęsa fu così in grado di spingere per la democratizzazione della Polonia.
La fine della repubblica popolare

La stanza in cui furono discussi e firmati gli accordi della tavola rotonda (da Wikimedia Commons)
Con gli accordi della tavola rotonda firmati il 5 aprile del 1989, il governo concesse la legalizzazione di Solidarność e nuove elezioni più libere. Il PZPR, dopo un pessimo risultato elettorale, fu abbandonato dai suoi alleati e non fu in grado di formare una maggioranza di governo. Il nuovo governo fu invece istituito da Tadeusz Mazowiecki, un intellettuale cattolico e uno dei fondatori di Solidarność, il quale avviò una serie di riforme democratiche. Il 29 dicembre 1989 due emendamenti costituzionali eliminarono gli aggettivi “socialista” e “popolare” dal nome dello Stato che tornò a chiamarsi “Repubblica di Polonia”. Inoltre, fu eliminato dalla costituzione ogni riferimento al ruolo del PZPR come guida della nazione. L’anno successivo Lech Wałęsa vinse le prime elezioni presidenziali completamente libere. Grazie agli scioperi, gli operai erano riusciti a togliere il potere al PZPR e a contribuire a dare un nuovo volto alla Polonia.