La rivoluzione cubana
Un evento che ha senza dubbio segnato il XXI secolo è la rivoluzione cubana. Essa, infatti, divenne oggetto d’ispirazione e mitizzazione per numerosi gruppi, sia intellettuali esterni al continente sia gruppi rivoluzionari degli altri Paesi sudamericani. In un periodo di fermento per l’America Latina, questo evento rappresentò l’esempio da cui prendere ispirazione per via della sua eccezionale riuscita.
Un primo tentativo d’insurrezione non riuscito avviene il 26 luglio 1953, quando un centinaio di rivoluzionari tenta di assaltare la base militare Moncada a Santiago di Cuba. Fidel Castro, studente universitario a capo dell’assalto, viene arrestato insieme agli altri sopravvissuti. Rilasciato grazie ad un’amnistia nel 1955, il giovane si reca all’estero, tra Messico e Stati Uniti. A Città del Messico conosce un giovane medico argentino, Ernesto Guevara de la Serna. In seguito al loro incontro, questi decide di unirsi al Movimento del 26 luglio, fondato da Castro.
Lo scopo è quello di rovesciare il regime di Fulgencio Batista. I rivoluzionari ritornano a Cuba il 14 novembre 1956, a bordo di uno yacht. Da questo momento inizia un periodo di lotta con l’esercito regolare che dura fino al 1959. Si combatte tra le montagne. I rivoluzionari conquistano piano piano terreno e consensi, non solo tra i civili ma anche tra i militari, i quali in parte disertano per unirsi alle forze castriste. Da qui nascerà il mito della guerriglia come metodo di rivoluzione.
La conclusione arriva il 1° gennaio 1959, con la conquista di L’Avana, la capitale, e la messa in fuga del dittatore Batista. Fidel Castro diventerà primo ministro del nuovo governo.
Viva la Revolución di Hobsbawm
Lo storico Eric Hobsbawm (1917-2012) fu membro del partito comunista di Gran Bretagna fin dai tempi dell’università. Si può quindi comprendere che il suo interesse per l’America Latina a lui contemporanea fosse di natura principalmente politica. Egli si reca per la prima volta a Cuba nel 1960 e continua ad interessarsi agli eventi dell’intero continente sudamericano in un periodo che va principalmente dal 1960 al 1995. La raccolta dei suoi scritti prodotti in questo periodo si intitola Viva la Revolución. Il secolo delle utopie in America latina (Rizzoli, 2016). All’interno di essa è presente un’appendice di tre “Ultime riflessioni”, l’ultima delle quali è stata scritta nel 2002.
Poiché è evidente l’impatto culturale e politico che la rivoluzione cubana ebbe in tutto l’Occidente (e non solo), l’elemento che colpisce di più di questa raccolta è forse la scarsità di interventi che riguardano il movimento rivoluzionario. Di fatto, comunque, nonostante le dedichi poche parole, Hobsbawm riconosce il ruolo fondamentale che tale rivoluzione ha avuto.
Nello scritto risalente alla sua prima visita a Cuba, dell’ottobre 1960, lo storico sottolinea il consenso ricevuto dalla rivoluzione: medio o medio-alto a L’Avana ma altissimo, quasi totale, nelle campagne e all’interno della classe operaia.
Il movimento castrista e il socialismo
Nonostante nel 1960 Hobsbawm avesse scritto che Cuba sarebbe presto diventata il primo Paese socialista dell’Occidente, egli era ben consapevole del fatto che la rivoluzione non fosse nata in quell’ottica. In particolare in uno scritto del 1994, lo storico spiega che gli slogan del movimento di Castro erano semplicemente patriottici o, al massimo, antimperialistici.

Blas Roca Calderío (1908-1987), segretario del Partito Socialista Popolare dal 1933 al 1961 (Wikimedia Commons)
L’evoluzione socialista avviene quindi a governo instaurato e le motivazioni non sono idealistiche ma pratiche. Castro ha infatti necessità di trovare una direzione e un appoggio concreto per il suo potere. La rivoluzione era avvenuta, il regime di Batista rovesciato: bisogna agire per guidare il Paese. Si trova appoggio nel partito socialista. Esso, a sua volta, ha finalmente l’occasione di raggiungere il potere e approfitta del fatto che alcuni suoi esponenti si sono uniti alla lotta rivoluzionaria. Sarà poi la totale riuscita della rivoluzione ad attirare con il tempo le simpatie della sinistra verso Castro e il suo operato sia nei Paesi occidentali sia negli altri Paesi latinoamericani.
Il “cattivo esempio” cubano
Hobsbawm quindi nel 1960 è speranzoso ed esaltato dalla riuscita della rivoluzione cubana. Perché vi vedrà poi delle problematiche? Lo storico si rende conto delle eccezionalità che hanno permesso la riuscita di questa rivoluzione. Inoltre, comprende che l’ispirazione che suscita in altri Paesi sudamericani sia problematica. Ispirandosi alle azioni del Movimento del 26 luglio, infatti, si dimenticano le peculiarità che hanno permesso a Castro di conquistare il potere nel modo in cui lo ha fatto. In particolare, Hobsbawm si dimostra profondamente critico verso i movimenti di guerriglia nati negli altri Paesi. Essa, infatti, è stata vincente a Cuba soprattutto grazie alle condizioni particolari dell’isola dal punto di vista paesaggistico e dalle sue ridotte dimensioni. Risulta invece fallimentare in Paesi molto più grandi o meno montuosi. Hobsbawm in realtà non è totalmente contrario alla guerriglia, semplicemente ritiene che il modello cubano sia il meno efficace perché scarsamente organizzato.
Inoltre, vi sono altri elementi peculiari che hanno permesso la vittoria di Castro. In particolare, vi era uno scarso appoggio della popolazione al regime precedente (contro l’entusiasmo per il nuovo movimento). Importante è anche la mancata opposizione degli Stati Uniti all’operazione. Quella dell’ingerenza statunitense nella politica sudamericana è un tema ampiamente trattato da Hobsbawm in diverse occasioni. Lo storico ritiene che il governo castrista si sia potuto instaurare perché il governo statunitense non ha inizialmente riconosciuto nel movimento di Castro un’affiliazione al partito comunista. Questa è stata riconosciuta poi invece nel 1961, quindi a due anni dalla rivoluzione.
Il mito illusorio di Cuba

Marcia a L’Avana del 5 marzo 1960 in ricordo delle vittime dell’esplosione de La Coubre (Wikimedia Commons)
Il mito della rivoluzione cubana ha quindi, secondo Hobsbawm, creato dei problemi nella possibile riuscita di altre rivoluzioni in America Latina. In particolare, ha creato l’idea che la guerriglia basata sul modello cubano fosse uno strumento di successo da esportare. Inoltre, la riuscita della rivoluzione e la sua svolta socialista hanno fatto sì che gli Stati Uniti si interessassero maggiormente ai diversi movimenti comunisti del continente. Questo ha poi portato ad un maggiore intervento degli USA nel finanziamento di governi anti-comunisti.
Nonostante Hobsbawm riconosca quindi il ruolo della rivoluzione cubana nel contesto latinoamericano, finisce per sottolinearne soprattutto l’aspetto mitico, quasi sognante, che aleggia intorno ad essa in seguito alla sua riuscita. Inizialmente egli stesso vede in questa prima rivoluzione una speranza per l’Occidente. Quando visita Cuba nel 1960, infatti, il governo ha già preso una svolta socialista. Da comunista, egli spera in un susseguirsi di altre rivoluzioni e guarda con attenzione agli altri Paesi sudamericani, in cui c’è un grande fermento politico. Lo storico stesso si troverà poi però disilluso dagli eventi. Vedrà nel corso della sua vita un susseguirsi di tentativi fallimentari o brevemente riusciti (come l’esperienza cilena di Allende).