Il Sessantotto
Quando si parla di Sessantotto si fa riferimento ad un movimento che supera i limiti temporali dell’anno 1968. Si tratta infatti di un movimento di protesta che accomuna i giovani di diversi Paesi. Essi vogliono rivendicare la propria posizione nella società opponendosi alle istituzioni esistenti e alle strutture rigide nelle quali erano cresciuti. I movimenti del Sessantotto sono caratterizzati da elementi comuni. Importante è sicuramente la partecipazione dei giovani, soprattutto universitari, alle proteste. I contestatori sono inoltre tendenzialmente accomunati da una posizione politica schierata a sinistra. Particolarmente criticati sono i sistemi scolastico e familiare. A questi elementi se ne possono poi affiancare altri che sono peculiari delle rivendicazioni specifiche di ogni Paese.
È importante sottolineare quale elemento comune a quasi ogni movimento del ’68 anche la mobilitazione degli operai a fianco degli studenti. L’elemento politico infatti è tale da smuovere anche i lavoratori, alla ricerca di migliori condizioni di lavoro e di rappresentanza sindacale.
Il Maggio Francese e l’Italia
Gli eventi di Parigi sono il vero momento di esplosione, in Europa, del movimento sessantottino. Anche altrove, a maggio gli studenti enfatizzano le loro proteste. Ma è soprattutto alla Francia che si guarda con attenzione, per l’intensità con cui si vivono gli scontri e le rivolte. Tutto inizia il 3 maggio alla Sorbona, con l’arresto da parte delle CRS (Compagnie Républicaine de Sécurité) di elementi di spicco dei movimenti studenteschi. In conseguenza di queste azioni, tutti gli studenti si mobilitano. Da lì seguiranno intensissime giornate, con eventi che coinvolgeranno e stravolgeranno l’intera capitale francese.
Fin da subito gli eventi hanno forte risonanza mediatica, anche in Italia. La sinistra italiana è molto interessata alla mobilitazione degli operai a fianco degli studenti. Essa, infatti, vorrebbe riproporre questo fronte comune anche in Italia. Dall’inizio si nota l’influenza francese, soprattutto nell’impostazione teorica che guida le occupazioni della Triennale di Milano e della Biennale di Venezia. Vengono riproposte diverse tematiche caratterizzanti il Maggio Francese, sia nei protagonisti delle azioni sia nelle azioni stesse. È in più ambiti chiaro come l’esperienza del Sessantotto italiano sia fortemente debitrice nei confronti di quella francese. L’influenza si spingerà oltre gli eventi ed avrà anche risonanza culturale ben oltre il 1968. Ciò è visibile nella produzione di cantautori politicamente schierati, come ad esempio Fabrizio De André.
De André e Storia di un impiegato
Fabrizio De André pubblica il suo concept album Storia di un impiegato, finito di registrare il 10 luglio 1973, il 2 ottobre dello stesso anno. Tutti i testi sono di Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, ad eccezione della quinta traccia, scritta dal cantautore insieme a Roberto Dané. Le musiche sono composte da Fabrizio De André insieme a Nicola Piovani. L’album narra la storia di un impiegato che, ascoltando una canzone del Maggio Francese alcuni anni dopo le contestazioni, si rende conto del significato del movimento. Rivaluta i ragazzi che al tempo aveva giudicato ingrati e decide di partecipare, in solitaria e con ritardo, alle proteste: piazzerà infatti una bomba.
L’album è composto da nove brani. Il primo, Introduzione, è principalmente musicale ma contiene cinque versi che contestualizzano la canzone successiva: si fa riferimento ai ragazzi che protestavano in Francia, chiamati «Cuccioli del Maggio» per indicarne la giovane età, i quali erano presi nel fervore delle loro proteste con un atteggiamento quasi giocoso, che potevano permettersi grazie al fatto che non stavano perdendo “niente”. L’essere studenti dava loro «il tempo anche per la galera»; inoltre, sapevano che fuori dalla prigione il fervore delle proteste a cui stavano partecipando sarebbe continuato anche senza di loro.
Canzone del maggio
Segue all’introduzione la Canzone del maggio, canto del Maggio Francese, che funge da elemento epifanico per il protagonista dell’album. Questo brano definisce un legame tra il Maggio Francese e il Sessantotto italiano su due livelli. Prima di tutto, dal punto di vista della genealogia del lavoro. Infatti, De André apre il proprio album con una canzone del movimento francese: Cachun de vous est concerné. Il fatto stesso che egli abbia scelto un canto di quel movimento dimostra il ruolo che le proteste francesi hanno avuto nell’immaginario generale. Nella vita stessa di De André, il quale era simpatizzante del movimento sessantottino, gli eventi del Maggio Francese hanno avuto un’influenza. In secondo luogo, la canzone funge da elemento epifanico per l’impiegato protagonista dell’album: anche nella situazione fittizia, quindi, sono gli eventi del Maggio Francese ad avere un impatto su qualcuno. L’originale francese è stato inciso nel 1968 da Dominique Grange.
De Andrè ha tradotto ed interpretato questo testo per poterlo inserire nel suo album. In realtà ne esistono due versioni, ma solo una è stata incisa. La differenza nei due testi sta principalmente nell’elemento ricorrente alla fine di ogni strofa: «Même si vous vous en foutez / Chacun de vous est concerné» era inizialmente stato sostituito da «Voi non avete fermato il vento, gli avete fatto perdere tempo» e variazioni simili (tranne nella terza strofa).
Inoltre, molto diversa è l’ultima strofa: viene totalmente eliminato, nella versione incisa, il riferimento al consumismo contro cui i giovani si battevano. Quest’ultima modifica è stata fatta probabilmente per eliminare una caratterizzazione troppo politica. Nonostante le differenze, resta evidente l’aderenza all’originale nel trasmettere i sentimenti dei protestanti in rivolta e il richiamano agli eventi. De André voleva trasmettere l’idea che il canto parigino sarebbe stato in grado di smuovere un animo anche a distanza di tempo. Ciò che colpisce l’impiegato, protagonista dell’album, è il fatto che i giovani si opponevano al potere senza timore, sicuri che la loro rivoluzione non si sarebbe fermata e avrebbe prima o poi coinvolto tutta la società.
«La bomba in testa»
La bomba in testa è la canzone che descrive l’epifania dell’operaio vissuta in relazione alla canzone di protesta: egli prende la decisione di aderire, seppure con ritardo e in solitaria, al movimento. L’impiegato inizialmente vive una vita come tutte le altre e si trova dalla parte della massa più conservatrice, nonostante la sua età sia molto vicina a quella degli studenti. Egli è d’accordo nel ritenere questi ultimi ingrati, figli del benessere che devono trovare qualcosa di cui lamentarsi, che non sono nemmeno in grado di opporsi veramente ad un potere. Nonostante sia passato del tempo dal ’68, però, l’uomo si ritrova a riprenderli in considerazione ed a paragonarsi a loro. Da una parte sente che è tardi, dall’altra continua a ragionare sul loro coraggio e sulla potenza delle loro azioni. Egli sopporta poco la società in cui vive, si è reso conto di condividere ciò che i sessantottini reclamavano. Decide quindi di fare qualcosa anche lui: piazzerà una bomba.
All’interno del testo si notano i richiami chiari alle proteste parigine: si parla esplicitamente de «gli ingrati del benessere francese», «un solo maggio». Inoltre è ripetuta spesso la parola «strada», luogo centrale negli scontri dei cortei con la polizia, tanto da essere parte di uno slogan del movimento: «La beauté est dans la rue».
Altre canzoni: i sogni
Si trovano poi tre canzoni che descrivono dei sogni del protagonista: Al ballo mascherato, Sogno numero due e La canzone del padre. L’impiegato sogna di mettere una bomba ad un ballo a cui partecipano diverse personalità storico-religiose di rilievo (Cristo, Maria, Dante) ma anche i genitori del protagonista stesso, ad indicare il desiderio di demolire il potere costituito che queste figure rappresentano (la Chiesa, la cultura, la famiglia). L’uomo è poi processato. Egli realizza, anche attraverso le parole del giudice, che in realtà nel suo credere di demolire il potere, egli stava semplicemente contribuendo alla costituzione di un potere nuovo ma analogo al precedente. Dopo essere stato assolto dal tribunale, egli va ad occupare il posto che gli spetta, che è uguale a quello del padre. Si rende conto che non esiste differenza tra lui, suo padre ed il giudice.
Altre canzoni: le azioni
Dopo questi vissuti immaginari, ci troviamo di nuovo di fronte alla realtà e alla vera applicazione del desiderio: ne Il bombarolo, l’impiegato piazza veramente la bomba che ha sognato. Il tutto fatto in ritardo rispetto al movimento che, a posteriori, lo ha ispirato e soprattutto in totale autonomia e solitudine, senza appoggiarsi ad un gruppo. Segue Verranno a chiederti del nostro amore, nel quale si rivolge, dopo il proprio arresto, alla ormai ex fidanzata (o moglie). Lei sarà infatti oggetto di attenzione mediatica, le chiederanno di lui cercando di costruire una determinata immagine. Egli immagina poi che lei supererà la loro relazione per averne un’altra. L’ultimo brano dell’album, Nella mia ora di libertà, narra l’esperienza della prigione. L’impiegato identifica il potere con le guardie del carcere e decide di muovere una protesta, inizialmente individuale: rinuncia alla propria ora di libertà. Non vuole infatti dividere il proprio spazio con le guardie. L’uomo però sperimenta finalmente anche la collettività: sente un senso di appartenenza rispetto al gruppo che costituisce con gli altri carcerati. Questi suoi compagni finiscono per unirsi a lui nella sua protesta: rinunciando tutti alla loro ora di libertà, “imprigionano” i loro stessi carcerieri, che si ritrovano isolati rispetto ai detenuti durante quest’ora. Il gruppo costituito richiama infine alcune parole della Canzone del maggio, a ricordare che i sentimenti che avevano mosso anni prima i sessantottini sono ancora vivi in qualcuno.
Conclusione
Nell’album, sono tanti e molto vari i riferimenti a diversi aspetti ed ideologie caratterizzanti il Sessantotto italiano. Queste idee caratterizzavano, in parte, anche il pensiero dello stesso Fabrizio De André, che si autodefiniva anarchico. Però, la presenza dell’ispirazione francese è soprattutto chiara nelle prime tre canzoni. Si può dire che De André, da persona che ha vissuto personalmente l’evento del Sessantotto e si è dichiarato simpatizzante dei movimenti, ha vissuto egli stesso un’influenza e una fascinazione nei confronti degli eventi parigini. Egli ha certamente voluto riportare tutto ciò in un album, che però alla fine si è dimostrato più politico di quello che egli avrebbe desiderato inizialmente, stando alle sue dichiarazioni.
Anche se De André si è dichiarato insoddisfatto, si può senza dubbio dire che l’album rappresenta un’espressione del clima culturale del momento. Esso mostra in sé stesso, sia nella sua genealogia che nel suo contenuto, forti elementi riconducibili alle influenze subite dal suo autore.