Le corti e la cappella ducale
La musica rinascimentale vide nelle corti principesche il terreno fertile per fiorire e svilupparsi. Venezia era priva di una propria corte, essendo essa una Repubblica e non una signoria. Nonostante questo fu uno dei centri principali della musica in Italia e in Europa. La basilica di San Marco e la sua cappella furono l’epicentro dello stile veneziano nella musica del Rinascimento. La basilica, essendo organo statale prima ancora che religioso, produceva musica sacra che aveva però la finalità primaria di esaltare le glorie politiche, economiche e militari della Serenissima. I Procuratori di San Marco furono la magistratura incaricata della gestione della basilica e della sua attività musicale. Talvolta il doge in persona interferiva nel loro operato scegliendo il maestro di cappella.
Musica nella basilica di San Marco
La basilica di San Marco era provvista di un proprio organista (a partire dal 1490 divennero due) e di un proprio coro. Questo era composto da cantori uomini divisi in soprani, contralti (che cantavano in falsetto), tenori e bassi. Poi c’erano cantori zagi, ovvero bambini maschi in età prepuberale, con il registro di voci bianche. Si praticava sia il canto polifonico che monofonico.
Immagine: Processione in piazza San Marco di Gentile Bellini (da Wikimedia Commons).

L’orso e il leone rampante, stemma della stamperia di Antoine Gardane (da Wikimedia Commons).
Musica a stampa
Grandi maestri internazionali e locali sceglievano di stampare la propria musica a Venezia. La Dominante aveva un gran numero di stamperie presenti nella città. Willaert, Verdelot, Archadelt e molti altri stamparono qui brani di musica sacra e profana. Grazie all’opera degli stampatori, Venezia divenne una capitale della musica stampata come Basilea, Parigi e Anversa.
Musica profana
Sul versante profano si diffusero a Venezia sotto la spinta di Pietro Bembo i ridotti o trebbi, luoghi di incontro di figure altolocate per parlare di arte, poesia e ascoltare la musica. Lo stampatore Gardane, nel dedicare dei mottetti di Willaert al proprietario di uno di questi ridotti, scrisse:
Qui sotto un madrigale che Willaert dedicò a Polissena Pecorina, proprietaria del ridotto dove prestava servizio come maestro. I madrigali erano componimenti musicali aulici e i loro testi erano basati su sonetti e poesie. Qual dolcezza giammai decanta le doti di Polissena quale cantrice e paragona la voce della donna a quella degli angeli.
Qui sotto un altro componimento scritto da Willaert. Si tratta di una villanella, pezzo profano meno prestigioso del madrigale, dal testo leggero e spesso malizioso. Il testo racconta di una giovane che ride a un ipotetico passante, che per canzonarla le ride a sua volta. Sempre mi ride sta… donna da bene.

Ritratto del maestro Adrian Willaert nell’anno della sua elezione a Maestro di cappella di San Marco (da Wikimedia Commons).
Willaert
Fra tutti i maestri che operarono a Venezia nel primo Cinquecento spicca senza dubbio la figura di Adrian Willaert, fiammingo di origine e naturalizzato veneziano. A partire dal 1527 fu maestro di cappella di San Marco voluto dal doge Andrea Gritti. Durante la sua carriera in basilica diresse i cantori e li riorganizzò, scrisse partiture per organo e vari tipi di composizioni sacre. Fu anche direttore di uno dei ridotti presenti in città e scrisse madrigali, villanelle e tanti altri componimenti profani.