I gesuiti in Cina: una missione difficile
Nel XVIII secolo, le missioni cattoliche che avevano lo scopo di diffondere il cristianesimo nel mondo erano iniziate da molto tempo, eppure in Cina non stavano avendo il successo sperato. Il Paese era in grado di mantenersi impenetrabile agli esterni. Nonostante ciò, l’imperatore era affascinato dalla cultura e dall’arte occidentali e aveva richiesto matematici, architetti e pittori europei.
I gesuiti cercavano un modo di fare missione che potesse avere successo in Cina. L’arte era utilizzata come strumento di diffusione della religione in Occidente, ma in Oriente le opere religiose occidentali non venivano capite. Esse erano, infatti, molto diverse nello stile da quelle a cui i cinesi erano abituati, i quali non le trovavano armoniche e belle. I gesuiti erano però consapevoli che l’arte rimaneva un grande strumento di comunicazione: per questo decisero di mandare a Pechino, presso l’imperatore, artisti come Giuseppe Castiglione, poi conosciuto come Láng Shìníng.
Un pittore italiano alla corte imperiale
Giuseppe Castiglione era nato nel 1688 a Milano da una famiglia facoltosa e aveva studiato con un precettore privato. Durante questo periodo si era appassionato all’arte. Grazie alla guida di un maestro sviluppò presto ottime capacità. Nel 1707 si trasferì a Genova per diventare un gesuita. Nel 1714 partì da Lisbona per raggiungere la Cina. Castiglione visse in questo luogo in un periodo di assolutismo illuminato sotto tre imperatori, Kangxi (1661-1722), Yongzheng (1723-1735) e Qianlong (1735-1796), tutti esponenti della dinastia Qing. Il primo di questi imperatori fu considerato dai gesuiti un sovrano che avrebbe potuto abbracciare la religione cristiana, visti gli interessi dimostrati verso l’arte e la cultura occidentali. Essi si sbagliavano, perché sia lui che gli altri rimasero molto legati alla religione cinese, il confucianesimo, che videro come uno degli strumenti da utilizzare per ottenere l’appoggio costante delle classi dirigenti.
Ruolo di prestigio
Durante il regno di Kangxi e dei successivi due imperatori, il lavoro del pittore italiano ebbe modo di svilupparsi. Egli fu capace di creare con le sue opere un punto di incontro tra l’arte occidentale e quella cinese. Gli imperatori sotto cui visse furono molto felici del suo lavoro e lo insignirono di fiducia e onori. Castiglione divenne ufficialmente il pittore di corte sotto il secondo imperatore per cui lavorò; ivi rimase fino alla morte, nel 1766, quando era diventato un uomo molto importante a corte. Egli ebbe molti allievi tra gli impiegati del Dipartimento delle Manifatture, ai quali insegnò le tecniche occidentali. I dipinti murali che si trovano in alcuni punti del giardino privato di Qianlong, all’interno della Città Proibita, sono un esempio di come i suoi insegnamenti siano stati recepiti e messi in atto dagli allievi.
L’arte di Castiglione tra Occidente e Oriente
Principalmente, Castiglione fu impiegato per ritratti, rappresentazioni di cavalli, cani, uccelli e fiori. Inoltre, fu lui richiesta la progettazione di alcuni elementi architettonici, che poi venivano eseguiti da altri artisti. Egli si impegnò ad adattare ciò che aveva appreso in Europa allo stile che aveva invece incontrato in Cina. Le sue opere risultano a primo impatto prettamente orientali, ma fu in grado di inserire elementi non utilizzati dagli artisti del luogo, come il chiaroscuro e la prospettiva. Fu molto capace di armonizzare il tutto con grande abilità.

Vaso di fiori, opera di Giuseppe Castiglione (da Wikimedia Commons)
Nei dipinti di vasi si può notare come il vaso sia ben definito e tridimensionale, mentre i fiori sono realizzati con contorni delicati, come disegni bidimensionali. In Cina i dipinti erano realizzati su rotoli per una particolare concezione dell’opera d’arte: il pittore era anche un poeta, la sua opera doveva essere delicata per trasmettere l’idea del sogno e il dipinto sui rotoli serviva a guardare l’opera d’arte srotolando tutto pian piano, come guardando un paesaggio mentre si viaggia.
Due opere su rotolo
Castiglione approcciò il dipinto su rotolo in diverse occasioni, come quando produsse la Raccolta di molti simboli d’auspicio (1723) che donò al nuovo imperatore Qianlong. Un’altra opera su rotolo è una delle sue più famose: Cento buoni cavalli, probabilmente databile al 1728. Il soggetto era già conosciuto e ricorreva in varie opere, nelle quali si richiamava anche una identificazione tra i buoni cavalli e i bravi funzionari. Nel dipinto si possono osservare una varietà di cavalli, diversi per manto e costituzione.

Dettaglio di “Cento buoni cavalli”, opera di Giuseppe Castiglione (da Wikimedia Commons)
Gli animali sono dipinti con grande precisione e realismo: si vede la profondità e le loro figure spiccano, ma sono comunque inserite in un ambiente dipinto molto delicatamente, secondo una composizione tipicamente orientale. Sono molte e varie le opere di Castiglione composte utilizzando diversi supporti e strumenti e in ognuna di esse si può riconoscere una fusione armonica di tecniche diverse.
Pittore o gesuita?
Castiglione riuscì, con la sua arte, a creare un ponte di comunicazione tra due culture. Fu in grado, infatti, di realizzare opere che piacessero agli orientali senza abbandonare del tutto l’arte occidentale. Ma si può dire che egli fu un grande gesuita? Nella sua biografia, intitolata Memoria, scritta da un anonimo dopo la sua morte, sembra che egli abbia dato la stessa importanza alla vita religiosa quanto a quella di pittore. Eppure questo sembra solo un tentativo di dare maggiore valore a questo aspetto della sua vita. Egli seguì sicuramente i dettami della vita religiosa, ma non diede ad essa troppa importanza, tant’è che accettò il titolo di mandarino di terzo grado, ovvero di funzionario, nonostante andasse contro i concetti di umiltà e povertà predicati dal suo ordine.
Conclusione
Si può dire che Castiglione diede sempre più importanza alla pittura e seguì sempre le richieste degli imperatori. Non interferì mai particolarmente nelle questioni religiose: agli imperatori, in particolare Qianlong, non piaceva parlare di cristianesimo e Castiglione non insisteva mai troppo. In parte questo fu accettato dai suoi fratelli, che erano consapevoli che il suo ruolo era quasi quello di un “ambasciatore tramite l’arte”. Il ruolo di Castiglione fu infatti, in alcune occasioni di tensione, quello di mediatore, grazie alla posizione che si era conquistato. Egli però non raggiunse mai l’obiettivo che i suoi superiori si erano prefissati quando lo avevano scelto: la sua arte non divenne mai uno strumento di comunicazione religiosa. Tutto ciò in cui era riuscito – e in cui probabilmente aveva voluto riuscire – era stato essere uno dei più belli esempi di contatto e fusione tra l’arte occidentale e quella cinese.