Antiziganismo. Una lunga storia

Robert Ritter esamina una giovane Rom (da Wikimedia Commons)
Durante la Seconda Guerra Mondiale circa 500.000 rom e sinti morirono nei campi di concentramento nazisti. Alcuni di loro, soprattutto i bambini, servirono come cavie per i terribili esperimenti di Joseph Mengele, il “dottor Morte”. Nel corso della dittatura hitleriana i rom e i sinti, al pari degli ebrei, furono vittime di persecuzioni e discriminazioni. Erano considerati ladri, asociali, fannulloni, individui degenerati le quali vite non erano “degne di essere vissute”. Ma l’antiziganismo, cioè l’odio nei confronti degli appartenenti ai popoli Romanì, non comparve con il nazismo. La sua è una storia antica di secoli che possiamo farla risalire già dal IX secolo, quando le genti Romanì arrivarono in Europa. Nel corso dei secoli, in varie realtà Europee, le autorità schiavizzarono, oppressero, emarginarono e uccisero i rom e i sinti.

I nomadi rapiscono un bambino. Illustrazione del XIX secolo (da Wikimedia Commons)
Fascismo e persecuzioni di rom e sinti. Una questione razziale?
Anche in Italia sin dai primi anni della dittatura fascista il regime attuò un insieme di procedure e pratiche contro i rom e i sinti. Lo “zingaro” era considerato un elemento pericoloso per la società e la salute pubblica. Esso rientrava nella categoria degli “oziosi” e dei “vagabondi”, perciò soggetto a misure di polizia preventiva. Tra gli anni Venti e gli anni Trenta le autorità respingevano alle frontiere i rom e i sinti stranieri e li espellevano dal Paese. Con l’emanazione delle leggi razziali nel 1938 e l’intensificarsi dell’antisemitismo di stato, anche i rom e i sinti diventarono oggetto di studi “pseudoscientifici”. Alcuni studiosi come Renato Semizzi e Guido Landra riconoscevano in loro la predisposizione genetica alla delinquenza, lo “zingaro” passò da essere un “vagabondo” a un individuo degenerato, criminale per natura, che doveva essere estirpato dal corpo sociale della nazione. L’11 settembre del 1940 il capo della Polizia Arturo Bocchini ordinò il rastrellamento e la deportazione di rom e sinti sia italiani che stranieri.

Arturo Bocchini, capo della polizia (da Wikimedia Commons)
Deportazioni: confino e campi di concentramento
Nel febbraio del 1938 le autorità ordinarono il rastrellamento e la deportazione di tutti i rom e sinti istriani in alcuni paesi della Sardegna. La località di cui si dispongono maggiori informazioni è Perdasdefogu, ma erano presenti altri centri nell’Isola tra le provincie di Nuoro e Sassari. A differenza della Sardegna, la quale era un luogo di confino, in altre regioni di Italia sorsero dei campi di concentramento per rom e sinti. Nel 1940 le autorità fasciste aprirono il campo di concentramento di Tossicìa e nel 1942 giunsero i primi prigionieri. Le condizioni di vita erano disumane: fame, freddo, mancanza di abiti adeguati e strutture fatiscenti. Nello stesso anno entrò in funzione il campo di concentramento di Agnone dove le autorità aprirono una scuola per i bambini rom e sinti presenti. Dopo l’8 settembre del 1943, con la chiusura dei campi, i prigionieri scapparono. Alcuni di loro si unirono alle fila della Resistenza, in altri casi i fascisti li deportarono nei lager nazisti in Germania, Austria e Polonia. Molti di loro vennero uccisi nella notte tra il 1 e il 2 agosto del 1944, ad Auschwitz-Birkenau, durante la Zigeunernacht, la”notte degli Zingari”.

Tossicìa (da Wikimedia Commons)
La memoria

Monumento al Samudaripen dei Rom e Sinti a Lanciano, inaugurato il 5 ottobre 2018 (da Wikimedia Commons)
Il genocidio dei popoli Romanì per molto tempo è stato dimenticato, in alcuni casi addirittura negato. Il primo monumento che commemora il Samudaripen, nome in romanès che indica lo sterminio, fu eretto l’8 maggio 1956 a Szczurowa, in Polonia. Il 15 aprile 2015 il Parlamento Europeo ha dichiarato il 2 agosto la Giornata europea della commemorazione dell’olocausto dei rom e sinti. Il 2 giugno 2019 papa Francesco, in un’apparizione pubblica a Blaj, in Romania, chiese perdono alle popolazioni Romanì per le discriminazioni e i maltrattamenti subìti. In Italia, invece, il Samudaripen non è inserito nella legge del 31 luglio 2000 per l’istituzione della Giornata della Memoria del 27 gennaio. In varie città italiane, cittadini e associazioni hanno creato monumenti e “luoghi della memoria”: Roma, Padova, Pistoia, Laterza, Monserrato, Lanciano, Crecchio. Solo il 16 dicembre 2009 la Camera dei deputati del Parlamento italiano riconobbe a livello istituzionale la realtà del Samudaripen, ponendolo a fianco della Shoah.