L’oggetto protagonista di questo saggio è una banale scatola di fiammiferi della fine degli anni Venti. Durante il mio percorso di studi, mai avrei immaginato che un oggetto così semplice celasse la storia di uno dei più audaci e scaltri uomini d’affari del periodo interbellico: lo svedese Ivar Kreuger, il “re dei fiammiferi”.
Gli inizi: imprenditore edile
Nato nel 1880 a Kalmar in Svezia da una famiglia di lontana origine tedesca che gestiva una piccola fabbrica di fiammiferi, Ivar Kreuger si laureò nel 1900 presso l’Istituto Reale di Tecnologia di Stoccolma. Una volta conseguita la laurea, Kreuger emigrò a New York, dove iniziò a lavorare nel settore edile. Nella Grande Mela si specializzò nella realizzazione di opere in cemento armato. Questo materiale, che nei primi del Novecento non era ancora particolarmente utilizzato, gli permise di fare velocemente fortuna. Kreuger infatti partecipò infatti alla costruzione del Flatiron Building, grattacielo dalla caratteristica forma triangolare. Parallelamente, Kreuger strinse relazioni con gli ambienti finanziari della città, cosa che gli risulterà utile anni dopo.
Dopo una serie di viaggi di lavoro in Inghilterra e Sudafrica, nel 1907 Kreuger ritornò in Patria per mettere a frutto le conoscenze acquisite in giro per il mondo. L’anno seguente, nel 1908, fondò a Stoccolma assieme al suo socio Paul Toll l’azienda edile Kreuger & Toll. Grazie alle sue conoscenze all’avanguardia, l’azienda vinse sin da subito importanti commesse: fu incaricata di realizzare i magazzini NK, il nuovo municipio di Stoccolma e lo stadio olimpico per i giochi del 1912, ospitati quell’anno proprio dalla capitale scandinava.
Il re dei fiammiferi

Ivar Kreuger nel 1930 circa (da Wikimedia Commons)
Nel 1913, dopo una serie di tentennamenti, Kreuger, ormai famoso imprenditore di successo, iniziò a gestire personalmente l’azienda di fiammiferi di famiglia, con l’obiettivo di rilanciare la produzione di “svedesi”. Nel 1917, riuscì nell’impresa di coalizzare tra loro tutte le industrie svedesi attive nella produzione di fiammiferi: nacque così la Swedish Match. Questa mossa in breve tempo proiettò la crescita della nuova società su scala internazionale, diventando una delle più grandi industrie del settore.
Kreuger, al termine della Prima guerra mondiale, intuì che negli Stati Uniti vi era un surplus di capitali e che questi potevano essere trasferiti ai Paesi europei, bisognosi di contanti. La strategia di espansione dell’azienda di Kreuger sfruttò la particolare congiuntura storica: attrarre investitori, specialmente negli Stati Uniti, promettendo un rapido aumento dei prezzi delle azioni e alti rendimenti (fino anche al 20%), finanziando così prestiti a Stati sovrani. Una volta accordato il prestito, Kreuger chiedeva in cambio il monopolio dei fiammiferi, dalla produzione alla vendita.
Tra il 1925 e il 1930, Kreuger fornì prestiti per un totale di 387 milioni di dollari dell’epoca (cifra che si aggira tra i 7 e i 10 miliardi di dollari odierni) ad una decina di Stati tra Europa e Sud America: tra questi Polonia, Francia, Regno di Grecia, Regno di Jugoslavia, Perù e Bolivia. Kreuger nel 1930 raggiunse un accordo per un prestito di 75 milioni di dollari con l’Italia. L’affare tuttavia sfumò per motivi mai del tutto chiariti. Questo modo di business è simile allo schema Ponzi, metodo di business truffaldino che promette forti guadagni ai primi investitori a discapito dei nuovi, vittime della truffa.
Con questo sistema, Kreuger divenne uno degli uomini d’affari più famosi dei ruggenti anni Venti. Riuscì in breve tempo ad acquistare le quote di maggioranza nelle industrie legate alla filiera dei fiammiferi (legname, cellulosa e zolfo), controllando tutte le fasi di produzione e i canali di vendita. In seguito ampliò i suoi interessi ad altri settori: intorno alla metà degli anni Venti era infatti principale azionista, nonché fondatore, della Svenska Filmindustri (all’epoca importante casa cinematografica); era azionista di maggioranza di un’industria mineraria e di un’industria della cellulosa (costituita in modo analogo alla Swedish Match, consorziando tra loro le varie industrie svedesi del settore). Possedeva inoltre giornali, il principale gruppo immobiliare del Paese e finanziava il partito in quel momento al governo.
La scalata ad Ericsson

Ivar Kreuger nel 1920 (da Wikimedia Commons)
Alla fine degli anni Venti, Kreuger controllava i tre quarti del commercio mondiale di fiammiferi, diventando di fatto monopolista. La sua figura, nota nell’ambiente finanziario, era sinonimo di fiducia: persino il Presidente degli Stati Uniti e molti capi di governo europei si rivolgevano a lui come consigliere. Kreuger era quindi visto come un imprenditore con alle spalle un’azienda solida, una persona nelle cui mani i risparmi di famiglia, così come gli investimenti, erano al sicuro con rendimenti annui fino al 30%. Per questo motivo, Kreuger non ebbe mai difficoltà a trovare finanziatori per le sue attività imprenditoriali.
Il suo successo era reso possibile dalla situazione economica di particolare euforia che il mondo viveva negli anni Venti. In un periodo di particolare surplus economico, moltissimi investitori destinarono il loro denaro a figure (tra le quali appunto Kreuger) che ispiravano loro fiducia, senza farsi troppe domande sulla loro effettiva solidità finanziaria. Dietro l’apparenza, tuttavia, la realtà era invece ben diversa: per ripagare i forti interessi sui prestiti che gli venivano concessi, Kreuger era costretto ad allargare sempre di più le sue partecipazioni e a chiedere sempre nuovi prestiti. Anche per questo motivo, Kreuger iniziò la scalata per controllare il pacchetto azionario di maggioranza di Ericsson, al tempo la più grande industria di Svezia. Mentre si stava dedicando a questo obiettivo, il 24 ottobre 1929 la borsa di New York crolla: è l’inizio della Grande Depressione.
Il crollo

Ivar Kreuger sulla copertina di Time il 28 ottobre 1929 (da Wikimedia Commons)
La settimana dopo il crollo di Wall Street, Kreuger apparve in prima pagina sulla copertina del settimanale Time. Questo momento rappresenta il punto più alto della sua parabola e col senno di poi l’inizio della sua repentina e drammatica caduta.
Nei primi mesi del 1930 la tempesta finanziaria che stava scuotendo gli Stati Uniti sembrava non aver toccato Kreuger, i cui affari continuavano a procedere a gonfie vele. In quelle settimane riuscì finalmente ad acquisire il pacchetto di maggioranza di Ericsson, cosa che gli permise di mettere a capo della società un uomo di sua fiducia. Il tracollo per Kreuger, tuttavia, era dietro l’angolo. L’operazione infatti comportò al suo gruppo un grave problema di liquidità: aveva disperato bisogno di nuovi fondi per ripagare i debiti accumulati in passato, visto che i monopoli che aveva stipulato con i Paesi di mezzo mondo non erano più sufficienti a ripagare tali cifre. Nel maggio del 1930 decise così di mettere in vendita 800.000 azioni di Ericsson, procedendo così all’aumento di capitale di cui aveva disperato bisogno.
Il mondo però era cambiato in quei pochi mesi: in a seguito del crollo di Wall Street, la grande fiducia che il mondo aveva nella finanza era completamente scomparsa e Kreuger si ritrovò così, per la prima volta, senza finanziatori. L’azienda di Kreuger fu così costretta ad accollarsi il debito di Ericsson, di circa 28 milioni di corone svedesi. Si scoprì in seguito che Kreuger falsificò volutamente i bilanci delle sue aziende nella disperata ricerca di potenziali nuovi investitori: scrisse infatti di possedere 410.000 azioni Ericsson, da considerarsi come partecipazione permanente nella società. In realtà Kreuger era alla disperata ricerca di potenziali acquirenti.
La fortuna sembrò nuovamente essere dalla sua parte nel 1931. Attraverso un accordo segreto, Kreuger e Sosthenes Bell, a capo dell’americana ITT, trovarono un’intesa per collaborare insieme. L’azienda americana si impegnava ad acquistare 600.000 azioni Ericsson per un valore di 11 milioni di dollari, di fatto comprando la società telefonica svedese. L’accordo, una volta che fu reso pubblico, fu salutato con grande entusiasmo: permetteva infatti la creazione del più grande operatore telefonico del mondo con un procedimento sulla falsa riga di quanto fatto anni prima da Kreuger con i fiammiferi. L’accordo tuttavia durò poco: a inizio 1932, dopo una rapida occhiata ai bilanci di Ericsson, gli americani di ITT si accorsero che i dati erano stati falsificati e che la situazione economica dell’azienda era disastrosa. Bell, furioso, chiese a Kreuger la restituzione degli 11 milioni di dollari concessi l’anno prima. Kreuger ovviamente non aveva quei soldi, ma riuscì comunque a spuntare una proroga di sei mesi per la restituzione della somma.
I giorni seguenti intraprese col suo aereo personale (Kreuger fu uno dei primi uomini ad usare l’aereo per affari) un viaggio negli Stati Uniti, alla disperata ricerca di investitori. Tutti gli sforzi risultarono però vani. Da New York i primi di marzo volò a Parigi, dove il 13 marzo era previsto un ultimo tentativo di salvataggio della sua azienda presso la Banque de Suede et de Paris. Ma a quell’incontro Kreuger non si presentò mai: vessato da numerosi creditori decise di suicidarsi la sera precedente. La notizia della sua morte, resa nota dalla polizia a mercati chiusi, fu accolta in Svezia con grande clamore. Nei mesi seguenti destò grande scandalo la pubblicazione dei libri contabili delle aziende riconducibili a Kreuger (per il fatto che questi erano stati volutamente falsificati per coprire i buchi di bilancio) e la sua influenza sul partito al tempo al governo. A causa della sua pervasiva presenza in molte industrie svedesi, durante la prima metà degli anni Trenta la Svezia visse un periodo di crisi economica. Kreuger non si sposò e non ebbe mai figli. Pochi mesi dopo la morte, la compagna affermò che Kreuger non volle mai saperne di crearsi una famiglia, in quanto tutte le sue energie erano destinate al suo lavoro e agli affari.
Conclusioni

Ivar Kreuger nel suo ufficio di Stoccolma (da Wikimedia Commons)
La vicenda di Kreuger offre uno spaccato sul ruolo della fiducia nell’economia e nella finanza nei ruggenti anni Venti. In questo decennio, molti investitori, grazie ad un notevole surplus economico, cominciarono ad offrire denaro a personaggi come Kreuger, che all’apparenza sembravano solidi e meritevoli di fiducia, ma che in realtà erano truffatori senza garanzie. Kreuger dal canto suo sfruttava questa sua immagine di imprenditore di successo per attirare nuovi investitori, allettati dalla prospettiva di forti guadagni in breve tempo. Una volta che Kreuger realizzò che i proventi dati dal monopolio dei fiammiferi non erano più in grado di ripagare i debiti contratti in precedenza, fu costretto ad allargare a dismisura le sue partecipazioni proprio per pagare gli interessi e distrarre così gli investitori dal suo bilancio. Si venne così a creare un circolo vizioso, che prima o poi sarebbe crollato. Il sistema ha retto finchè Kreuger è stato in grado di trovare nuovi finanziatori; una volta che questi scomparvero, a seguito della crisi del’29, crollò in breve tempo anche il suo impero.
La figura di Kreuger ad oggi resta ancora per molti versi enigmatica. Se da un lato ci può sembrare un genio per il fatto che è stato uno dei primissimi uomini a pensare ai suoi affari su scala globale in un periodo in cui la globalizzazione non era stata ancora teorizzata, dall’altro non possiamo dimenticare che non si faceva scrupolo a falsificare i suoi bilanci, ingannando i suoi investitori. Anche la riflessione storiografica ed economica resta divisa sulla sua figura: c’è chi, come John Maynard Keynes lo considerò «il più grande imprenditore e genio della sua epoca» e altri, come il suo biografo John Kenneth Galbraith che lo definì «il Leonardo dei narcisisti».
La sua incredibile vicenda ha inoltre ispirato anche il cinema e la letteratura: il film The Match King e il romanzo England made me sono ispirati alla sua vicenda. Non ci resta quindi che ricordare Kreuger attraverso un fiammifero: un oggetto semplice dalla durata effimera, proprio come il suo impero.