È nata una stella… quasi

Tavoletta babilonese con scrittura cuneiforme (da Flickr)
Le circostanze in cui è nato lo zero sono relativamente incerte. Se inteso come segnaposto messo tra numeri affinché questi potessero essere meglio compresi la sua nascita va individuata nel IV secolo a.C. a Babilonia: qui lo zero era rappresentato da due cunei inclinati. Considerando la base sessagesimale (60) un cuneo seguito da due cunei inclinati e un altro cuneo si leggeva 601.
Dal momento che lo zero ancora non trova applicazione nella vita di tutti i giorni (chi conta zero pecore da far rientrare all’ovile o zero sacchi di grano da riporre nel granaio?) lo zero è ancora un segnaposto. Le visioni del mondo che nascono da questa parte dei monti Zagros, tuttavia, hanno paura del vuoto e tendono a relegarlo all’inizio del creato: pensiamo al ginnungagap germanico, il kaos greco o il nun egizio. Solo più tardi le divinità lo popoleranno di cose nuove e riempiranno il vuoto. D’altro canto, come può essere il nulla qualcosa?
Dalla terra al cielo

L’universo secondo Tolomeo, con la terra al centro (da Psychology Wiki)
Lo zero arriverà in Grecia sulla scia delle competenze astronomiche dei Babilonesi, che insegneranno molto ai greci sul come e cosa guardare nel cielo. Questo episodio di contaminazione culturale è uno dei motivi per cui suddividiamo la principale frazione del giorno in sessanta parti e ognuna di queste parti è divisa di nuovo in sessanta. Lo zero è rappresentato dalla minuscola della lettera Omicron e ha ancora funzione di segnaposto. Claudio Tolomeo lo userà nelle tavole dell’Almagesto del 150 d.C. che serviranno a calcolare l’intensità delle eclissi lunari e solari. Attraverso l’Egitto e risalendo il Nilo lo zero arriverà anche in Etiopia dove verrà usato per calcolare le festività pasquali.
Lo zero in India

Brahmagupta, matematico indiano del settimo secolo in un’illustrazione del XIX secolo (da Wikipedia)
Lo zero arriverà in India insieme alle incursioni oltre l’Indo di Alessandro Magno. Qui dovrà aspettare qualche secolo prima di trovare la propria rilevanza come numero e non come semplice segnaposto: a dargliela sarà il matematico Brahmagupta (598-668) che lo porrà nel novero dei numeri nel suo Brahmapunta Siddhanta. In quest’opera spiegherà anche la natura dei numeri negativi e darà una soluzione alle equazioni di secondo grado. La rivoluzione di quegli anni consisterà nel distaccamento dei numeri dalla geometria: è finita l’epoca in cui i numeri servivano solo a misurare cose.
Il ritorno in Medio Oriente

Statua di Al Kwarizmi a Khiva, in Uzbekistan (da Wikimedia Commons)
I numeri indiani tornano in Medio Oriente dopo l’ingresso degli eserciti islamici in India. A introdurre lo zero presso gli arabi sarà Al Kwarizmi, studioso originario della Corasmia dove nacque nel 780. Il poliedrico accademico (nel corso della propria vita si occuperà di matematica, geografia, astronomia, storia) è considerato il padre dell’algebra a cui diede inconsapevolmente il nome attraverso la sua opera più famosa, il Kitab al Muktasar fi Hisab al jabr wal Mukabala o “libro sul calcolo matematico attraverso il completamento e il bilanciamento”. L’altra opera di grande importanza è il kitab al hisab al hindi, ovvero il “libro di calcolo indiano”, dove si occupa di aritmetica e dove introduce il metodo di calcolo con l’uso dello zero anche per gli arabi. D’ora in poi e grazie ad Al Kwarizmi il sistema posizionale decimale sarà applicabile a tutte le operazioni note per il tempo.
Il ritorno in Europa
Lo zero ritornerà in Europa attraverso il califfato di al-Andalus che all’epoca (IX secolo) era il maggior crocevia di scambio tecnologico-culturale tra Europa e Africa del Nord. La parola araba per indicare lo zero, sifr, darà vita a due parole diverse sul continente europeo: la prima è “zevero”, da assonanza con il vento occidentale, che più tardi diventerà “zero”. La seconda è “cifra”, che all’inizio si riferisce solo allo zero e più tardi, con un’estensione linguistica, si riferirà a tutti i numeri. I primi tempi sono di affiancamento: lo zero e il sistema a dieci numeri non sono immediatamente accettati in parte perché arrivano da un ambito pagano come quello islamico, in parte perché lo zero contraddice le stesse basi aristoteliche della fede sulle quali si basa la prova dell’esistenza di Dio.
From zero to hero

Statua di Leonardo Pisano detto il Fibonacci (da Wikimedia Commons)
Nonostante le resistenze della chiesa, la società medievale europea ha cominciato subito ad utilizzare lo zero, trovandolo molto vantaggioso per la rendicontazione dei commerci. In un primo momento i governi delle città cercarono di porvi un freno in quanto i numeri detti “arabi” erano facilmente modificabili e questo portava a truffe e raggiri che rischiavano di minare alla base l’economia delle città stato italiane. Nel 1202, un matematico pisano, Leonardo Pisano detto il Fibonacci pubblica la prima edizione del Liber Abbaci, un trattato di matematica dove spiega l’applicazione del sistema numerico posizionale decimale oltre alla sezione aurea, che ha individuato cercando una formula che prevedesse la riproduzione dei conigli.
Lo zero è uno degli elementi d’innesco del Rinascimento dal punto di vista artistico: una delle innovazioni di quest’epoca nell’arte è l’introduzione della prospettiva che si genera grazie ad un oggetto zero-dimensionale (e indicato convenzionalmente con zero) come il punto. Il contagio era iniziato e nonostante l’opposizione delle forze più conservatrici della chiesa ancora legate alle basi aristoteliche non poteva essere fermato: astronomia, fisica, geometria, economia venivano rivoluzionate dallo zero e dal nuovo sistema posizionale decimale che stabilirà lo standard per tutto il mondo matematico per i secoli a venire fino ad oggi.