La malattia dei poveri
Provando a chiedere della pellagra in Veneto, la risposta è sempre la stessa: una malattia legata alla povertà. La povertà è sempre esistita, a differenza della pellagra che ha avuto un inizio ed una fine. L’inizio dell’endemia coincise con la seconda metà del Settecento, a causa dell’intensificazione delle coltivazioni di granoturco. Il fenomeno, poi, aumentò nell’Ottocento al punto che la piaga non poteva essere più trascurata o sottovalutata.
Dal punto di vista medico, la pellagra è una malattia provocata dall’assenza di una vitamina importantissima per il metabolismo: la vitamina PP (Pellagra Preventing, appunto). La povertà era causa della pellagra ma non bastava: non colpiva i contadini di tutto il mondo, era presente lì dove il mais era diventato l’unico alimento disponibile sulla tavola dei contadini. L’alimento in questione era la polenta.

Pietro Longhi, La polenta, 1735–1741 ca (da Wikimedia Commons)
Il caso del Veneto
I contadini veneti si erano abituati alla polenta ed ancora un vero e proprio piatto tipico di molte altre regioni del Nord Italia. In veneto la pellagra iniziò a diventare un problema nell’Ottocento: gli effetti della malattia erano disturbi psichiatrici gravi. Nel manicomio di Brescia nel 1880 la metà dei ricoverati era pellagroso. Una vera e propria piaga sociale. L’autorità pubblica affidò allora ad un medico, Giovambattista Marzari, il compito di trovare una cura efficace. Così nel 1810 Marzari pubblicò i risultati del lavoro: per curare i pellagrosi era necessario modificare il loro vitto dando loro da mangiare pollo o uova con regolarità. Infatti, eliminare alla radice la pellagra avrebbe comportato la rinegoziazione delle condizioni economiche dei contadini. Questo era impensabile: affrontare seriamente il problema della pellagra avrebbe voluto dire mettere in discussione l’organizzazione del lavoro agricolo, i contratti agrari, i rapporti di produzione e, in ultima analisi, gli equilibri sociali e politici. Nessuna autorità pubblica, francese, austriaca o italiana che fosse, era disposta a correre un simile rischio; meglio perciò ignorare il problema, almeno fino a quando non si fosse presentata qualche novità di rilievo in campo eziologico.
Tossicozeisti vs carenzialisti
Le novità, insieme all’aggravarsi del numero dei casi non tardarono ad arrivare. Una provvidenziale alternativa alle teorie carenzialiste venne formulata, intorno al 1860, dai cosidetti tossicozeisti. Ballardini in Italia, Roussel e Costellat in Francia, riprendendo ipotesi già adombrate precedentemente da altri studiosi, sostennero che la vera causa della pellagra era da ricercarsi nelle sostanze tossiche prodotte dal mais avariato di cui si cibavano contadini già indeboliti nel fisico a causa di una dieta insufficiente. Lombroso aveva aderito alla teoria tossicozeista. Lo psichiatra sosteneva l’ipotesi che i pellagrosi potessero essere curati continuando a mangiare esclusivamente polenta assumendo farmaci specifici. Il problema raggiunse il suo apice verso la fine del secolo, quando i casi aumentarono e, con essi, anche le zone colpite. La pellagra insieme alla miseria furono le principali cause delle emigrazioni di massa di quel periodo in Veneto.

Lapide di Cesare Lombroso a Torino (da Wikimedia Commons)
Costante Gris
In questo difficile contesto la classe dirigente veneta cercò di attuare delle contromisure. Il caso di Costante Gris è esemplare: sindaco di Mogliano Veneto dal 1878 al 1886 fondò un istituto pellagrologico ed un pellagrosario. Questo sistema di assistenza era sostenuto dagli stessi possidenti.
La concezione di Gris riguardo la beneficenza era piuttosto tradizionalista: quello che aveva da offrire di nuovo invece fu sostanzialmente un’equa differenziazione e divisione in campo assistenziale. Tra le molte idee e progetti di Gris, vi era la creazione di essiccatoi per il mais, di cucine economiche e, infine, di un centro di divulgazione scientifica della pellagra che non riuscì, però, a mettere d’accordo gli studiosi. Per questo il progetto politico di Gris di creare un’alleanza laica e riformista fra borghesia, classe dirigente e masse popolari era destinato ad esaurirsi.
La sconfitta della pellagra
La sconfitta della pellagra fu dunque parte di quello stesso processo che l’aveva in fin dei conti causata. L’intervento di classe dirigente ed autorità pubblica fu reso necessario dagli effetti collaterali della malattia, tuttavia l’accumulo di capitale necessario allo sviluppo successivo e al suo debellamento fu fondato e costruito economicamente proprio sulla pelle (agra) dei contadini mezzadri veneti. Il dibattito eziologico della seconda metà dell’Ottocento è prova di come in qualche modo circolasse l’idea di come essere pellagrosi fosse dopotutto anche uno stigma culturale: significava essere sporchi, trascurati, degradati. E questa stigma morale non scompariva insieme alla pellagra ma ci ricorda che nonostante questi limiti la scienza positivista ottocentesca ha comunque portato un avanzamento in relazione alla mentalità, fino ad allora fortemente condizionata dalla religione e dalla superstizione.