– di Eddy BENATO, Mara CARON e Rebecca IVKOVIĆ
Lo scopo del sito “Il Liutaio nel Bazaar” è creare un luogo sulla rete dove condividere i lavori di ricerca degli studenti di storia con il pubblico e intrattenere un discorso con quest’ultimo, aprendo le porte dell’accademia e rimanendo sempre sensibili agli input dei propri lettori. A seguito della conclusione della prima parte del progetto, tre membri riflettono sulle possibilità e le difficoltà della digital public history nel panorama culturale italiano.
Il diritto d’autore come primo ostacolo sulla via della divulgazione
Usare materiale audiovisivo in ambito storico ha molti vantaggi: oltre a essere accattivante e coinvolgente, la visual history enfatizza l’importanza di immagini, audio e video come fonti per una costruzione viva e partecipata della conoscenza storica e non come semplici elementi decorativi. E proprio il progetto “Il Liutaio nel Bazaar” offre a noi studenti di storia l’opportunità di sperimentare forme di public e digital history: il tempo dedicato allo studio e all’approfondimento di alcune tematiche storiche è solo una parte del lavoro da fare, che prevede quale obiettivo principale la realizzazione di contenuti multimediali che possano coinvolgere un pubblico di lettori il più ampio possibile. la pratica attiva nell’ambiente digitale ha messo in rilievo un grosso problema per noi aspiranti public historians: moltissimo materiale dal grande valore storico risulta protetto da copyright, senza contare la babele confusionaria di licenze che permettono ciascuna di fare un determinato uso dei documenti messi a disposizione.
Il materiale copyright free non è sempre qualitativamente adeguato, sicché fare storia sul web diventa una sfida molto più impegnativa di quanto si pensi. Non si può negare l’esistenza di cataloghi e collezioni digitali ricche e curate, ma c’è ancora molto da fare: tante altre istituzioni, pur offrendo l’accesso gratuito sul web a materiali di vario tipo, non permettono di riutilizzarli per la creazione di progetti che non hanno scopo di lucro. Tutto ciò limita significativamente le possibilità di fare public history ed è perciò auspicabile una semplificazione dei termini delle licenze d’uso: solo così potremo concentrarci liberamente sul valore didattico di un documento audiovisivo, senza temere eventuali conseguenze legali nella realizzazione di contenuti multimediali.
Per saperne di più, potete leggere il Passenger Pigeon Manifesto del giornalista ungherese Adam Harangozó, un invito alle istituzioni affinché digitalizzino il materiale posseduto e lo distribuiscano con una licenza Creative Commons.
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