Pregiudizi come fake news

Protesta Anti-LGBT a San Francisco nel 2008. Nello striscione: “Recriminalizzate la sodomia!” (da Wikimedia Commons)
Parlando di notizie false è difficile non tener conto che queste sono alla base dei pregiudizi. Un male che da sempre ha tormentato la storia del genere umano. Nei momenti più instabili, la necessità di trovare la sicurezza all’interno del proprio gruppo porta all’esclusione di coloro che appaiono diversi. Si tratta di un processo comune e spesso difficile da decifrare. Ancora più difficile è aprire la propria mente e comprendere che le regole del nostro gruppo, quelle che sembrano innate, sono in realtà costruzioni sociali che hanno origini più recenti di quello che pensiamo. Questo è il caso dell’omofobia negli USA durante la guerra fredda.
Se andiamo ad osservare la storia del secolo scorso, scopriamo che molte società sentirono la necessità di “ripulire” la propria popolazione. Chi restava fuori erano le persone non “adatte” a far parte di quel gruppo chiamato nazione. Ci sono molti esempi, più di quanti se ne immagini. Al giorno d’oggi, quando crediamo che l’uguaglianza sia già una realtà per tutti, è meglio ricordare la sofferenza delle vittime dei pregiudizi.
L’origine dell’intolleranza: una nuova omofobia negli Stati Uniti
Non tutti sanno che, durante la guerra fredda, una vera e propria “caccia alle streghe” contro gli omosessuali ebbe luogo negli Stati Uniti. Si chiama Lavender scare, la “paura color lavanda”, riprendendo un termine che al tempo era sinonimo di “omosessuale”. In un periodo in cui il Governo doveva assicurare la massima stabilità, la soluzione fu allontanare tutti coloro che non rientravano nell’ideale di uomo americano. Così nella nazione si diffuse la paura e l’odio verso persone la cui unica colpa era essere troppo diversi.
Col senno di poi possiamo renderci conto dei motivi dell’origine di questa crescente omofobia. Possiamo partire dalle teorie psicanalitiche che si diffusero a fine Ottocento. Queste pretendevano di essere scientificamente accurate, senza tener conto dell’influenza della cultura di provenienza. Possiamo anche ricordare che gli Stati Uniti sentivano di avere il compito di mantenere in piedi quello che, dopo due guerre mondiali, rimaneva della cultura occidentale. Un compito tanto grande da portare una grandissima ansia e paranoia, che si riversò su quelli che venivano considerati “altri”.
Un complotto di omosessuali e comunisti
L’altro, il diverso, non si può mai definire. Forse proprio perché non esiste veramente. Così la sua identità è sfocata, mutevole, tanto da comprendere persone e comunità che non per forza hanno qualcosa in comune. Così, all’alba degli anni Cinquanta, la paura per gli omosessuali si fuse con la paura per i comunisti, l’altro grande nemico degli Stati Uniti. Erano entrambi un pericolo, entrambi volevano distruggere la società americana. Non era quindi difficile concludere che stessero cospirando insieme per ottenere i propri scopi. Bisognava eliminarli.
Un passato difficile da confrontare

John E. Hoover, direttore dell’FBI durante la Lavender scare (da Wikimedia Commons)
Allora il Governo, l’FBI e l’Esercito statunitense cercarono di “ripulire” la nazione dalle infiltrazioni comuniste e omosessuali. Migliaia di persone furono licenziate e allontanate. Molti videro la propria carriera e la propria vita distrutte per colpa di una paura tanto infondata quanto nociva. Non serviva nemmeno essere veramente omosessuali. Qualsiasi comportamento considerato anomalo poteva far nascere il sospetto e portare a conseguenze devastanti. Così andò avanti per trent’anni.
Bisognerà aspettare la fine degli anni Sessanta per intravedere un barlume di speranza. Dopo anni di lotte per i diritti degli omosessuali, dal 1969 con la rivolta di Stonewall qualcosa iniziò a cambiare. Il cambiamento fu lento ma, già nel 1975, la legge che dagli anni Cinquanta proibiva agli omosessuali di lavorare per il Governo venne eliminata. Ancora oggi, ormai mezzo secolo dopo, gli Stati Uniti devono fare i conti con le proprie colpe. Più in generale, l’omofobia durante la guerra fredda negli USA rimane una macchia sul volto del mondo occidentale. Qualcosa però si sta muovendo ed è meglio che si affronti questo passato prima che venga dimenticato. Anche noi non dobbiamo dimenticarlo.
Perché ci interessa l’omofobia negli USA della guerra fredda?
Qualcuno potrà dire che non è la nostra storia, non è la nostra società. Ma come possiamo ignorare che ormai da tempo le culture hanno iniziato ad essere sempre più connesse? Quanti di noi hanno visto film e telefilm, hanno ascoltato canzoni, hanno letto libri di origine americana? La cultura e il pensiero si diffondono anche così. Non importa se i loro effetti sono positivi o negativi. Possiamo allora veramente pensare che un fenomeno, che per decenni ha coinvolto tutti gli Stati Uniti, non sia arrivato anche a noi?
In questa breve presentazione potrete trovare una descrizione più dettagliata della Lavender scare. Per chi volesse e/o ne avesse bisogno, si può anche ascoltare la descrizione tramite gli audio forniti.
(Utilizzare la barra in basso o le frecce per navigare lungo la presentazione, oppure scorrere orizzontalmente se da telefono).
Nel video seguente, il trailer in inglese del documentario The Lavender Scare di Josh Howard (2019). Tra le persone intervistate, Frank Kameny.