Nella notte tra il 17 e il 18 febbraio del 1546, mentre si trovava nella città natale di Eisleben, Lutero concluse la propria avventura terrena. Era ritornato nella località sassone dopo essere stato chiamato dai signori del luogo, i conti di Mensfeld. La sua morte non poteva passare inosservata. Da come sarebbe morto si poteva capire il destino della sua anima. Se era stato il liberatore degli uomini dal giogo del papato avrebbe raggiunto il paradiso. Ma se fosse stato il nemico della vera fede cattolica, Dio non gli avrebbe risparmiato l’inferno. Tra i suoi avversari, infatti, non mancherà chi vedrà nella sua fine un chiaro presagio della dannazione eterna per il nemico dell’unica chiesa di Cristo.
Una guerra di scritture
Nel 1591 a Roma Tommaso Bozio (1548-1610) pubblicava il gigantesco De signis Ecclesiae Dei XXIIII libri (Ventiquattro libri dei segni della Chiesa di Dio). I «signi» sono fenomeni di origine divina che Bozio individua come manifestazione della volontà celeste nella vita della Chiesa. Lavoro mastodontico, supera le milleduecento pagine e viene per questo diviso in due volumi. Il nome di Bozio forse non è tra i più noti dei teologi della Controriforma. Vale la pena gettare uno sguardo alla sua biografia.
Il polemista Bozio
Nasce a Gubbio nel 1548, dopo gli studi a Perugia e Roma stringe amicizia con Filippo Neri (1515-1595). Decide di aderire agli Oratoriani. Teologo fine, dotto, arguto, Bozio aveva collaborato col cardinale Roberto Bellarmino (1542-1621), il gesuita impegnato nello scontro frontale coi protestanti. Sono molti gli autori che scrivono grandi opere di difesa, o come si diceva, di apologia della fede cattolica come il confratello oratoriano Cesare Baronio (1588-1607). Erano risposte ai luterani come Mattia Flacio Illirico e i suoi aiutanti che a Magdeburgo davano alla stampa velenosi scritti contro la chiesa romana. Bozio era un autore famoso e molto apprezzato e il suo libro ebbe diverse ristampe all’estero. Il pittore Ludovico Cardi detto il Cigoli (1559-1613) si ispirò alle sue riflessioni per l’Immacolata Concezione che dipinse per la basilica di Santa Maria Maggiore.

Ritratto del cardinale Roberto Berllarmino di Anonimo, 1622-1623, presso il Museo Plantin-Moretus di Anversa (Belgio) (da Wikimedia Commons).
La lotta tra la chiesa cattolica e i protestanti è stata combattuta anche sui media dell’epoca: la stampa. Chiara Aprilis ricostruisce questa vera e propria guerra dei libri nel Cinquecento.
La lotta tra la chiesa cattolica e i protestanti è stata combattuta anche sui media dell’epoca: la stampa. Chiara Aprilis ricostruisce questa vera e propria guerra dei libri nel Cinquecento.
Il metodo di Bozio
Bozio contribuisce alla polemica con gli esempi di alcune ricadute concrete della superiorità cattolica. Loda l’ingegno e l’applicazione agli studi scientifici e tecnici degli intellettuali cattolici. I buoni successi militari spagnoli sono la prova del favore di Dio. A questo tono celebrativo Bozio affianca un’impegnata e violenta polemica nei confronti della stessa vita dei riformatori. Bozio dice candidamente, nella dedica a papa Gregorio XIV, di averci lavorato un decennio. L’opera è immensa, difficile e ambiziosa: si propone, così dichiara l’autore, di chiudere una volta per tutte la questione: come si possono distinguere realmente i falsi cristiani dai veri depositari della fede? Niente di meglio che elencare i «signi», a centinaia. Bastano, a suo avviso, a rendere lapalissiana la differenza tra cattolici e scismatici.
Una morte umiliante
Verso la conclusione dell’opera, Bozio afferma che dalla morte vergognosa e atroce degli eresiarchi, predetta dagli oracoli divini, si scopre facilmente di appartenere, come cattolici, alla Chiesa di Dio. La triste rassegna inizia con Simon Mago e termina con Lutero, che
In un altro punto afferma che il corpo di Lutero puzzasse orribilmente. Tutto il contrario di quello che succede ai funerali dei santi che, secondo il pensiero comune, emanavano un profumo soave dalle proprie spoglie.
Testimoni oculari?
Già nel 1558 l’erudito polacco Stanislaus Hosius affermò che il demonio, venuto a portare l’anima di Lutero all’inferno, lo aveva strangolato. William Reginald, dotto inglese, sosteneva che l’assassina fosse la moglie Katharina Von Bora. Il riformatore l’aveva sempre giudicata un esempio di fedeltà! Questi autori anticipano Bozio, ma è dal suo libro così famoso e importante che prendono il via numerose pubblicazioni. Per esempio c’è Henricus Sedulius, forma latinizzata del nome del francescano fiammingo Henri de Vroom van Kleef (1547-1641) che nel 1606 pubblica presso la prestigiosa Officina Plantiniana, le Præscriptiones aduersus hæreses (Indicazioni contro le eresie). Sedulius imita lo stesso schema di Bozio, mostra i segni di disapprovazione divina nei confronti degli eresiarchi: l’orrenda morte loro preparata dalla mano della Provvidenza. Lutero è un incendiario che ha devastato l’intera Europa dal profondo. Sedulius aggiunge un contenuto molto interessante: la testimonianza del servo che Bozio diceva di aver ricevuto.
La versione del servo
Il servo offre un esordio molto contorto e di difficile lettura in cui assicura di dire tutto solo per motivi di fede e amor di verità. Questo domestico era ancora bambino all’epoca dei fatti, ma ricorda bene cosa successe. Lutero era ubriaco, lo accompagnarono a letto, gli augurarono buona notte e poi i servitori andarono a dormire.
Come veniva visto il suicidio ai tempi di Lutero? Perché era ritenuta una morte così vergognosa? Elisa Campigotto racconta una breve storia del suicidio da sant’Agostino al Cinquecento.
I conti della città e i notabili protestanti imposero subito il silenzio per insabbiare la vicenda e salvare l’onore di Lutero.
Gli scettici
Nel 1895 discuteva la sua tesi di laurea presso la Facoltà protestante di Parigi Georges Claudin. Aveva come relatore un nome importante: Eugène Ménégoz (1838-1921). L’elaborato si intitolava La mort de Luther (La morte di Lutero) e in essa lo studente faceva un’accurata ricostruzione degli ultimi giorni della vita di Lutero.
Un clima polemico
Il clima, quasi quattro secoli dopo la riforma protestante, non si era rasserenato. In Germania nel 1890 un sacerdote e politico cattolico, Paul Majunke (1842-1899) aveva fatto stampare un’opera polemica, intitolata Luthers Lebensende (La morte di Lutero). Nel testo si riportavano tutte le voci raccolte nell’età della Controriforma e si riproponeva la tesi del suicidio. Sono anni difficili per le chiese in Europa e, anche se non ci sono più guerre e violenze, lo scontro intellettuale tra le confessioni cristiane è ancora vivissimo.

Papa Leone XIII, al secolo GIoacchino Pecci, pontefice tra il 1878 e il 1903. Regnava quando Claudin discusse la tesi (da Flickr).
Una congiura impossibile
Claudin non ha dubbi: sulla morte di Lutero ci sono troppe testimonianze puntuali e precise per poter credere all’ipotesi di un suicidio. Non sono solo i suoi amici e discepoli o i conti di Mensfeld che lo ospitavano a scrivere lettere ai propri conoscenti per raccontare il triste avvenimento, nel giorno stesso del decesso. C’è anche la testimonianza di un farmacista, che operava ad Eisleben, Johann Landau:
Landau non ha problemi ad ammettere la morte serena del riformatore, che si sottomette, con cristiana rassegnazione, al volere di Dio. Nulla di particolare se non fosse che Landau apparteneva alla comunità cattolica di Eisleben. Prima della guerra dei trent’anni (1648-1678) e della pace di Vestfalia (1678) si tollerava ancora la presenza di culti cristiani minoritari. Ecco che c’erano luterani sotto il dominio di un signore cattolico e viceversa. Se effettivamente Lutero si fosse ucciso perché Landau, che era al capezzale del moribondo, non avrebbe dovuto raccontare questa storia? Gli sarebbe tornata utile, dopotutto, per difendere la propria fede. Eppure non si formò nessuna diceria, non corse nessuna voce. Davvero l’élite luterana di Eisleben avrebbe potuto occultare così bene e in poco tempo la verità?
Gli storici del Novecento
Vari autori hanno continuato, nei secoli, a propagare la leggenda nera di Lutero suicida. Tuttavia gli storici del Novecento sembrano aver definitivamente smentito la cosa. Basta dare un’occhiata alle più celebri biografie di Lutero, a firma di Lucien Febvre e di Roland Bainton. Nessuno dei due racconta del presunto misfatto. Il gesuita Hartmann Grisar, che pubblicò ai primi del secolo una voluminosa biografia, piena di dettagli, sulla vita del teologo tedesco, invece, fornisce informazioni al riguardo. Anche qui, però, le congetture vengono tutte smontate e lo stesso gesuita contraddice l’opinione espressa da Bozio, da Sedulius, da Majunke e dai loro ammiratori.
La sopravvivenza del mito
La macchinazione di Bozio non è attendibile. Lo sostengono gli storici e anche gli uomini di chiesa. Eppure qualche sito cattolico tradizionalista diffonde ancora la notizia sulla scandalosa morte di Lutero. Si tratta di un piccolo universo di cristiani integristi. Spesso ricorrono alla mistificazione storica per difendere il proprio punto di vista. In particolare, difendono una versione reazionaria della dottrina e contestano i tentativi di dialogo ecumenico.
Un’inquietante lettura
Il filosofo cattolico Jacques Maritain (1882-1973) pubblicò per la prima volta nel 1925 un saggio intitolato Luther, Des Cartes, Rousseau (Lutero, Cartesio, Rousseau). Tre anni dopo, lo traduceva in italiano un sacerdote della curia romana destinato a un grande avvenire: Giovanni Battista Montini (1897-1978). Nel 1963 divenne papa col nome di Paolo VI. Tra il filosofo e il prelato vi fu sempre un rapporto di salda amicizia. Entrambi appartenevano a uno schieramento moderato ma riformatore. Insomma: Maritain non era un fanatico o un reazionario. Ebbe problemi con il Sant’Uffizio durante i pontificati più conservatori. La sua lettura della vita di Lutero, però, rimane inquietante. Certamente è più sottile di quella violenta e polemica fatta dagli autori della controriforma. Non si menziona esplicitamente il suicidio, ma vi si allude: come molti suoi discepoli non seppe
Un nuovo, raffinato modo per sottolineare la superiorità del cattolicesimo, capace di consolare gli animi, mentre il protestantesimo sa soltanto spingerli alla disperazione.