L’immagine di copertina è tratta dal Corriere della sera del 6/1/1940
Di seguito un estratto del testo citato letto da Gaia, che ha la stessa età dei bambini che circa un secolo fa dovevano recitare questo monologo.
Questa introduzione ci permette di comprendere pienamente il tentativo dello Stato fascista d’impossessarsi di festività e usanze tradizionali, attuando una sottile strategia di manipolazione e falsificazione. Il regime, che causò il periodo più scuro e controverso dell’Italia contemporanea, riuscì quindi anche ad intromettersi nella tradizione popolare tramite un’abile propaganda.
Ma come ci è riuscito? Come ha fatto il fascismo a essere affiancato e a volte addirittura sostituito a credenze e ritualità millenarie? Perché la povera e anziana Befana fu “mandata in pensione”?
Una tradizione fascista dal 1928
È il 1928 e il fascismo vede nell’Epifania una nuova occasione per arrivare al cuore degli italiani. Mentre prima la Befana era festeggiata secondo preesistenti tradizioni locali, il fascismo si riappropriò della sua simbologia e ne modificò completamente il significato rituale e sociale.
Il controllo dei mezzi di comunicazione e dei media dell’epoca fu fondamentale per far riecheggiare le notizie falsificate della generosità e benevolenza di una nuova Befana per merito e volere del Duce. Il solo scopo di quest’appropriazione indebita era quello di ottenere consensi anche di quei gruppi sociali più poveri. Inoltre, era necessario garantire l’indottrinamento ai cittadini sin dalla tenera età. I bambini, infatti, erano il “futuro” del fascismo e quindi bisognava lavorare molto anche sulla pedagogia infantile. Ma come fare? Semplice! Elargendo doni ai più piccini in modo da instillare nelle loro giovani e plasmabili menti un ottimo ricordo del Duce e del fascismo.
I doni del Duce
Nei testi unici di scuola, ad esempio, spesso era narrato che il Duce percorreva, nella notte dell’Epifania, la strada insieme alla Befana per non farle dimenticare proprio nessun bambino. Inoltre, la Befana non poteva proprio rimanere raffigurata come una vecchina tremolante, perché non rientrava nei canoni estetici della prestanza e della fierezza fascista. Da qui il regime ne modificò l’aspetto, rendendola giovane e forte. La nuova Befana fascista mandò quindi in pensione la sua versione più anziana.
La tradizione tra passato e presente
Il fascismo strumentalizzò il significato e riadattò alle sue esigenze politiche e propagandistiche una tradizione antica e ben radicata nella cultura popolare. Ma nonostante il tentativo del regime di reinterpretarla in chiave fascista, l’anziana Befana è tornata e continua tuttora a portare doni ai bambini la notte dell’Epifania.