È il 1870: Francia e Prussia sono sull’orlo di un conflitto che cambierà radicalmente lo scacchiere europeo. Entrambi gli stati sono pronti a mettere in mostra le proprie potenzialità: manca solo l’innesco della miccia che faccia scoppiare la guerra. Può un semplice telegramma concepito ad arte dal Primo Ministro prussiano Otto von Bismarck far imbestialire a tal punto l’Imperatore francese Napoleone III?
Il contesto storico

Otto von Bismarck, 1870 (da Wikimedia Commons)
A Parigi c’era molta preoccupazione per una questione diplomatica piuttosto seria, che avrebbe visto la Francia stretta in una morsa tra due stati governati da membri dello stesso ramo familiare. La Spagna, infatti, dal 1868 era senza un sovrano e il trono fu offerto al principe Leopoldo di Hohenzollern, parente non troppo lontano di Guglielmo I.
Per Napoleone III l’unica soluzione, che non fosse la guerra, poteva essere solo la via diplomatica, sostenuta dalla forte consapevolezza – condita con un po’ di superbia – di essere lo Stato europeo più potente di quegli anni. Per discutere di questo, l’ambasciatore Vincent Benedetti aveva così raggiunto la cittadina di Bad Ems. Sapeva che avrebbe parlato direttamente con il re, visto che quest’ultimo riceveva personalmente i delegati esteri.
Dispaccio da EMS
Il sovrano prussiano Guglielmo I aveva inviato a Bismarck il telegramma in questione per chiedere un parere su quanto avvenuto poche ore prima, il 13 luglio 1870, durante un colloquio con l’ambasciatore Benedetti a Ems. Tra il re e il rappresentante francese non c’era stato molto feeling vista la maniera alquanto brusca con cui quest’ultimo era stato congedato. Bismarck, abile calcolatore, decise di ribaltare la situazione a proprio favore, facendo apparire, all’opinione pubblica europea, la Prussia come un agnellino indifeso e la Francia come il lupo cattivo. In realtà, a livello militare, la situazione era esattamente opposta.

Napoleone III, 1863 (da Wikimedia Commons)
Seduto a tavola quello stesso giorno con due pezzi da novanta dell’aristocrazia prussiana, i generali Helmuth von Moltke e Albrecht von Roon, elaborò il piano d’azione. Per giungere al suo obiettivo, il “Ministro di ferro” prese il telegramma inviatogli dal consigliere Heinrick Abeken e lo modificò per suscitare reazioni di sdegno da parte dell’opinione pubblica francese. Voleva infatti far credere che Guglielmo I avesse cacciato malamente Benedetti – nemmeno di persona ma tramite un suo subordinato – e si fosse rifiutato di trattare con lui in maniera definitiva. Tagliò così tutta la prima parte del telegramma originale dove emergeva l’insistenza dell’ambasciatore, che nei giorni precedenti aveva “intercettato” più volte il re mentre passeggiava a Ems.
La fine dell’imperatore francese e l’ascesa dell’imperatore tedesco
Il giorno seguente viene diffuso il comunicato alla stampa estera. Era il 14 luglio e a Parigi si festeggiava l’anniversario della presa della Bastiglia. A rovinare la festa ci pensa il dispaccio giunto alle 11.00 di mattina: Napoleone III andò su tutte le furie. Come poteva permettersi Guglielmo I di offendere un rappresentante della corona francese? Anche la folla della capitale, dopo aver letto la notizia dai giornali, insorse e iniziò a prendere a sassate l’ambasciata prussiana. Pochi giorni dopo arrivò la dichiarazione di guerra: se la questione non si poteva risolvere per via diplomatica, l’unica soluzione sarebbe stata la via delle armi.

Napoleone III e Bismarck si incontrano a Donchery dopo la battaglia di Sedan, 1870 (da Wikimedia Commons)
Bismarck, che non aspettava altro, sapeva di avere a disposizione l’esercito meglio addestrato in Europa. E le aspettative non furono deluse. In poco meno di due mesi la guerra era conclusa: il 2 settembre, a Sedan, l’intero esercito francese venne accerchiato e Napoleone III, che aveva seguito di persona le manovre, fu costretto a chiedere la resa. Fatto prigioniero insieme ai soldati rimasti, l’ex Imperatore andò in esilio in Inghilterra, mentre nel gennaio 1871 Guglielmo I si faceva incoronare Imperatore tedesco nella reggia di Versailles.
Una fake news d’altri tempi
Per certi aspetti il procedimento seguito da Bismarck ricorda quello di una fake news di oggi. Abbiamo un testo rielaborato ad arte per suscitare scandalo e che viene dato per vero senza preoccuparsi di ricercare a fondo la verità. Ovviamente si trattava di un testo ufficiale, quindi la portata era molto maggiore rispetto a una notizia di un qualsiasi sito internet di dubbia attendibilità di oggi.
Quello che a noi interessa è il fatto che Bismarck sia riuscito a cogliere le probabili conseguenze del suo operato e, soprattutto, sia stato in grado di sfruttare i media a sua disposizione per i propri fini, che nel suo caso andavano ben oltre un “clicca qui” dei nostri giorni.