È il dicembre 1517 quando Marin Sanudo appunta sui suoi Diarii alcuni fatti curiosi provenienti dal bergamasco: a Verdello, teatro della battaglia di Agnadello nel 1509, si vedono uscire da un bosco eserciti fantasma che spariscono in pochi minuti. La notizia viene diffusa in tutta Italia da rispettabili gentiluomini.
C’è chi dubita di una notizia che nasce dalle dicerie di “semplici persone” e si sostiene che le visioni siano provocate dai fumi di alcuni mucchi di letame. Ma i testimoni sono numerosi e, a ben vedere, i loro racconti richiamano il mito folklorico dell’esercito furioso, a riprova che le persone interpretano la realtà utilizzando credenze e immagini del proprio background culturale.
Una delle lettere riportanti i fatti finisce addirittura nelle mani di papa Leone X, che vi intravvede il funesto presagio della venuta dei Turchi ottomani: si appresta così a indire una crociata che però non avverrà mai.
Da una chiacchiera di paese a una guerra imminente: è la comunicazione epistolare a diffondere il racconto delle visioni spettrali. Le epistole di età moderna non erano indirizzate a un unico destinatario, bensì avevano una dimensione pubblica che le rendeva più simili a reportage giornalistici che a scambi privati: esse venivano copiate, lette in pubblico e stampate, contribuendo così alla circolazione delle notizie. A questo riguardo una lettura interessante è il saggio di Ottavia Niccoli, Una fonte epistolare, in Prima lezione di metodo storico, a cura di Sergio Luzzatto (Roma-Bari, Laterza, 2010).
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